venerdì 19 agosto 2011

GUIDA PER IL VISITATORE


Che cosa trova il visitatore?


Notizie storiche sulla Chiesa parrocchiale e la Cappella dei caduti



Illustrazione degli affreschi del Pegrassi ai lati dell'altare maggiore



Notizie storiche sulla Pieve di Sant'Andrea e ilustrazione degli affreschi



Spiegazione del significato delle sinopie della navata


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AFFRESCHI IN NAVATA






Racconto teologico e non storico. Adamo non rappresenta un singolo ma l’intera umanità. L’autore si ispira al lavoro di un vasaio dell’epoca. Si parla di polvere e non di terra, per sottolineare la caducità della creatura e questo in contrasto con il soffio vitale proveniente da Dio. Nei miti orientali l’uomo fu creato dagli Dei perché li sostituisse nel lavoro faticoso della coltivazione. Si pensava che l’uomo fosse dotato del respiro di Dio. Nel testo biblico l’uomo non è un semidio, non riceve il respiro di Dio ma il suo alito di vita, lo Spirito. Adamo rappresenta così il popolo d’Israele nella sua storia: popolo fragile ma sostenuto dallo Spirito divino. Come ha plasmato Adamo, così Dio plasma anche tutto il popolo (Isaia 43, 1. 7. 21). 








La scena, dove il colorito mitico è molto forte, non vuole porsi come resoconto storico ma come riflessione teologica. Il sonno di Adamo significa l’incapacità dell’uomo a comprendere fino in fondo l’azione di Dio. Inoltre egli qui non agisce ma riceve solamente un dono di totale gratuità. Il simbolo della costola è di origine sumerica. Il grido di esultanza di Adamo proclama la formula di parentela (carne della mia carne). I termini omofonici ebraici IsIssa , ossia uomo – donna, vuol segnalare la pari dignità. L’abbandono della casa del padre non indica un imperativo ma un fatto comune. Si parla dell’anelito profondo dell’uomo verso la donna. 







Cibo fornito da Dio agli ebrei nel deserto (Es 16,1-36; Nm 11,4-9). F.S. Bodenheimer ha suggerito che la manna fosse la secrezione mielosa di due tipi di coleotteri che si nutrono della linfa del tamarisco. Questi insetti ingeriscono grandi quantità della linfa di questa pianta, che è ricca di carboidrati ma povera di azoto. L'eccesso di carboidrati ingerito allo scopo di ottenere l'azoto fuoriesce allora come secrezione mielosa. Essa è ricca dei tre zuccheri di base e di pectina.
Nel NT Gesù è sfidato a dare un segno grande come il dono della manna nel deserto. Egli risponde che la manna, pane dal cielo, giunge come dono da parte di Dio, e che lui (Gesù) è il pane della vita (Gv 6,25-35). Similmente, in Ap 2,17 al fedele è promessa la manna nascosta, un riferimento all'offerta del pane della vita da parte di Gesù. 







Iefte, prima di partire per una battaglia rischiosa, aveva promesso a Dio che, in caso di vittoria, gli avrebbe offerto in sacrificio la prima creatura che, uscita da casa sua, avesse incontrato al suo rientro. Iefte forse pensava che sarebbe uscita prima una pecora o un altro animale. Gli venne incontro, invece, la figlia. Purtroppo, in quell’epoca, i sacrifici umani, per quanto aborriti dai profeti, erano ancora praticati. L’autore del libro dei Giudici sembra ammirare la coerenza di Iefte e la disponibilità della figlia ad accettare la disgrazia accadutagli. In questo modo la sua disgrazia viene trasformata in un atto eroico.
Siamo ben lontani dalla mentalità di Gesù. Egli, per impedire fatti simili, dirà: «Il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato» (Mc 2, 27). Vale a dire: ogni legge, anche la più santa, deve essere utile agli uomini e soprattutto non si devono sacrificare gli uomini per rispettare a tutti i costi una legge.









La Chiesa legge il racconto delle sofferenze di Giuseppe nel periodo quaresimale perché vede prefigurate in esse quelle di Gesù. Gesù verrà venduto da Giuda e riceverà opposizione dai fratelli che erano della sua stessa religione e della stessa umanità. Egli vince lasciandosi sopraffare superando il male con il bene. Alla fine Giuseppe diventa vice-re e Gesù viene insediato come Re universale da Dio Padre nella sua risurrezione. 







L'uccisione di Abele è il primo gesto di violenza della storia dell'uomo (seguiranno un'infinità di casi). La Bibbia la considera la vera manifestazione del peccato e della corruzione dell'uomo. Niente allontana l'uomo da Dio come la violenza omicida. Si può uccidere il fratello anche una parola d'ingiuria o di calunnia o relegandolo ai margini. 
Abele ricorda Gesù. Gesù ha subito la violenza ma ha insegnato come attraversarla. Insultato, non rispondeva con oltraggi e soffrendo non minacciava vendetta ma rimetteva la sua causa a Dio Padre che giudica con giustizia. La risurrezione rappresenta il risarcimento di Dio. 








La verifica del valore di una persona avviene sempre attraverso i fatti. Abramo aveva certamente verso Dio un'ottima predisposizione all'obbedienza. Dimostra infatti la sua disponibilità nel rispondere subito: eccomi. Tuttavia la predisposizione, la dichiarazione teorica non è mai sufficiente. «Mostrami la tua fede senza le opere e, io, con le mie opere ti mostrerò la mia fede» (Gc 2,18). Riferendosi poi proprio al sacrificio d'Isacco, san Giacomo scrive: «Vedi la fede agiva insieme alle opere di lui e per le opere la fede divenne perfetta» (2,22). Grazie a quest'unione di buone disposizione d'animo e azione, Abramo diventa amico di Dio (Gc 2,23). «Non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità» (1 Gv 3,18).




Anche Gesù è stato messo alla prova. La lettera agli Ebrei testimonia la sua piena disponibilità - «Ecco io vengo» (10,7) - . La volontà di Gesù è talmente apprezzabile che è stato proprio per essa che noi siamo stati santificati (10,10). Quella volontà, tuttavia, si è attuata «per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo» (10,10). Neanche nel suo caso, si è rimasti sul teorico. Né azione senza retta intenzione né buona intenzione senza pratica. Questo è il movimento normale.




Quando Abramo rispose eccomi, non sapeva che cosa avrebbe comportato quella risposta. Nel momento in cui la proposta divina si specifica, non si ritrae. A noi capita di rispondere con slancio eccomi, ma poi oscilliamo di fronte alla proposta pratica. La disponibilità deve essere non solo confermata ma guadagnata. Nel dinamismo dell'agire umano questo è il percorso normale.


Gesù manifesta sempre la sua disponibilità ma l'attuazione pratica è diversa a seconda delle varie circostanze. Accetta le modalità concrete della sua missione (Lc 9,58: Le volpi hanno le tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo). Nel mettersi in cammino verso Gerusalemme, vi si reca dopo aver preso una ferma decisione (Lc 9,51). Eppure, in prossimità della morte, chiede con grida e lacrime di poter evitare tanta sofferenza (Eb 5,7). Questa constatazione non toglie valore all'offerta di Gesù ma ne riafferma il valore. Se Gesù non avesse provato angoscia e dolore, non avrebbe offerto un vero dono. Nel momento della crisi, tuttavia, non lascia che prevalga la paura ma lascia prevalere il suo spirito di Figlio (il pieno abbandono).




Di fronte alla proposta del Signore, quando ci sembra troppo dura, è normale che siamo esitanti. Soltanto la preghiera fa prevalere in noi lo spirito da figli. In altre parole la carità concreta si fa strada in noi per mezzo della preghiera. Senza la preghiera non operiamo la saldatura tra la buona disposizione iniziale (l'eccomi) e l'attuazione pratica nell'ora della prova. Lo prova l'evento del giardino degli ulivi. Tutti i discepoli credono di saper affrontare gli eventi ma in realtà soltanto Gesù, l'unico che rimane a vegliare in preghiera, risulta vincitore della paura. Il donarsi nella carità è frenato dalla paura. Rimaniamo bloccati da dominatori interiori. Non siamo spontaneamente persone dello Spirito (lo siamo a livello d'intenzione). Il Signore deve farsi vicino a noi per liberare la nostra generosità.










L’episodio viene raccontato nel libro dei Giudici (15, 9-20). Sansone era un antico eroe di Israele, un vanto per il popolo che veniva spesso umiliato dalle nazioni vicine.
Questi episodi venivano raccontati nei momenti di ritrovo. Il fatto storico s’arricchiva di particolari leggendari. Nel racconto troviamo anche la strofa di un cantautore dell’epoca che, immaginando di essere Sansone stesso, dice: «Con la mascella dell’asino, li ho ben macellati! Con la mascella dell’asino, ho colpito mille uomini» (Giudici 15, 16).
In ogni caso Sansone è esistito sicuramente ed è stato un condottiero del popolo oppresso, aiutato da Dio nel suo intento perché il Signore soccorre i poveri e difende gli oppressi. Del resto, in certe circostanze e nelle condizioni limitanti previste, si può attuare una legittima difesa. Per difendere le persone più che i propri beni. (segue)
Per imparare lo spirito di pazienza e di pace, dobbiamo fare riferimento a qualche altro personaggio. Gesù ha mostrato coraggio senza uccidere nessuno. Ci vuole grande forza d’animo nel resistere al malvagio affermando la verità senza oltraggiare o colpire (Gv 18, 22-23).
I Padri della Chiesa vedevano in Sansone una persona che anticipava la lotta di Gesù e della Chiesa, però, senza armi. Leggiamo, ad esempio, un passo di Origene (sec. III). Ricordando la vicenda di alcune donne martiri, scrive: «Nelle persone che conducono il combattimento della verità, e anzi sono soldati di Dio, non si richiede la forza del corpo, ma dell’animo. La vittoria non viene ottenuta con frecce di ferro, ma con quelle della preghiera; ed è la fede che dona la pazienza nel combattimento» (Omelie sul libro dei Giudici IX, 1).






Due donne si contendevano un bambino, dichiarando ognuna che fosse il proprio figlio. Salomone ordinò che si fingesse di tagliarlo a metà per darne un pezzo ad ognuna di loro. Voleva vedere quale sarebbe stata la reazione delle due donne. Quella che si oppose accanitamente all’uccisione, si mostrò essere la vera madre.
Il quadro illustra un fatto raccontato dalla Bibbia (1 Re 3, 16-27). Lo scopo del racconto è quello di illustrare la sapienza ossia il senso di giustizia e l’abilità pratica del re Salomone, il figlio di Davide. Salomone non conservò però la sua sapienza in tutto il corso del suo regno ma fu responsabile di molti e gravi errori. Più tardi venne idealizzato e considerato come il modello dell’uomo sapiente.
Gesù dichiara di possedere una sapienza molto più vasta e profonda di quella di Salomone (Matteo12, 42).

Cappella dei caduti

Costruita a ricordo dei caduti nella prima guerra mondiale, su disegno di Ferdinando Forlati.
Inaugurata il 9 Ottobre del 1921
Le pareti sono state dipinte da Orazio Pigato e da Angelo Zamboni.
Si sono accostati ad un linguaggio liberty.
Sono evidenti gli influssi del maestro, Carlo Donati.
Le figure tendono a presentare «contorni marcati, pose statiche, cromie decise».


Nel settore antistante la cappella, prevalgono i colori viola e giallo e i simboli che richiamano la morte (la croce, la corona di spine) e il riposo dei defunti (i rami d’ulivo, la parola pax).
Quattro grandi angeli tengono accesa la fiamma del ricordo, di fianco alla lapide commemorativa.







Beati quelli che piangono...


perché saranno consolati
Il pittore ha ritratto personaggi del tempo; affiorano costumi borghesi e contadini.
Il dolore ha accomunato tutti.




Il pittore ha avuto attenzione alla bellezza del crisantemo.
Il giovane indica la figura del Risorto come vera speranza






All’interno, il colore grigio-argento, i tralci di vite e la figura del Cristo Risorto alludono piuttosto alla vita eterna e alla risurrezione.






Cristo Risorto




All’opera ha partecipato anche il mosaicista della basilica di San Marco, invitato dal Forlati. Questi compose la decorazione costituita dal nastro rosso su fondo nero presente nell’arcata all’imbocco della cappella, come pure gli elementi a mosaico che ornano il perimetro del tabernacolo e della parte superiore dell’altare.
Al centro il XP (Chi-Rota), due lettere greche che simbolizzano il nome Di Cristo



Decorazioni liberty sulla volta




PAESAGGI

Alle pareti quattro angeli sostengono delle lampade accese.
Ai loro piedi s'intravedono chiese e paesaggi del luogo


Angeli (part.) Chiesa parrocchiale



Angeli (part.) Chiese di s. Andrea e s. Michele



Angeli (part.) Chiesa di san Rocco al castello



Angeli (part) Chiesa della Madonna del monte



Gli angeli (part) veduta della campagna



Il messaggio della Cappella

Pieve di sant'Andrea

Che significa pieve? Dal latino plebs, ossia popolo. La pieve era il luogo in cui si riuniva il popolo di Dio. Una pieve era la chiesa più importante di una zona. Questa di sant'Andrea è ricordata in un documento di compravendita del 1035 e nella bolla Di papa Eugenio III. Fino alla metà del secolo XVI fu la chiesa parrocchiale. In seguito la parrocchia si stabilì verso l'attuale centro di Sommacampagna nella chiesa di Santa Maria del Pirlar (poi demolita nel 1700 per far posto all'attuale chiesa). Fu restaurata nel secolo scorso per iniziativa di Ferdinando Forlati, sovrintendente del Veneto.


L'abside dell'antica pieve.



La facciata della Pieve, ora presso il cimitero.



L'interno



Le pareti sono edificate con sassi di fiume e materiale di riporto



L'edificio si basa su tozze colonne irregolari 
e su materiale di riporto



Alla base di una colonna è visibile una stele romana. 
E' stata rovesciata, forse per indicare la vittoria della fede cristiana sulla religione pagana





La stele romana rovesciata al contrario per una corretta lettura:


Lettura della stele romana: A Leituria, ad opera di C. Manilio, figlio di Marco;
durante il consolato di C. Norbano e L. Lentulo



Il soffitto è a capriate


I critici apprezzano in modo particolare le figure dei due apostoli






IL GIUDIZIO



L'affresco più significativo descrive il Giudizio finale ed è posto sulla parete sopra la porta d'ingresso. Il Cristo è maestoso, severo, quasi immobile, non mostra alcuna passione negativa, come l’ira. È pieno di energia che emana soprattutto dallo sguardo. La divinità non è scossa da alcuna passione ma è animata dal senso di giustizia e di bontà. Non esiste vera bellezza senza forza.




Giudizio (part) Due serafini, coperti d'occhi, stanno attorno al trono. Il particolare è preso da Isaia e significa che Dio vede tutto






Giudizio (part) il trono è un carro mobile. 
Il particolare è preso da Ezechiele e indica la presenza di Dio in ogni luogo




Giudizio (part) 
La mano desta col palmo in alto 
(segno di accoglienza)



Giudizio (part) 
La mano sinistra abbassata in segno di condanna





Giudizio (part) L'intercessione (deesis) di Maria


Giudizio (part) L'intercessione (deesis) di Giovanni Battista



Giudizio (part) 
Il trono preparato per la venuta del Re Giudice (etimasia)
Probabile allusione alla Trinità: 
il Trono (il Padre) La Croce (il Figlio) la colomba (lo Spirito)





Il Giudizio (part). L'accoglienza dei giusti
Sul cartiglio: Venite benedicti



Giudizio (part) La condanna.
Sul cartiglio le Lettere D e A M (= Discedite a me
ossia Allontanatevi da me, o malvagi)



Giudizio (part) I giusti in seno ad Abramo





ALTRI AFFRESCHI





Madonna che allatta 
(tema tradizionale per richiamare la vera umanità di Gesù)



Probabile raffigurazione di San Zeno



Santa Maria Maddalena e la Madonna



San Paolo con la spada e San Pietro con le chiavi




Un santo martire torturato alla ruota



Probabile raffigurazione di S. Antonio Abate